Intervista a Jodie Scopel e Damiano Curcuruto

Dall’insegnamento al superamento di se stessi: Jodie Scopel, Building Engineer & BIM Coordinator e Damiano Curcuruto, Building Envelope Designer & Facade Engineer in Incide Engineering, raccontano la loro vita sportiva tra crescita, obiettivi e autodeterminazione, passando per l’attenzione progettuale verso lo spazio.

Quale attività sportiva pratichi?

J: Nella vita ho praticato diversi sport: nuoto, calcio femminile per poi passare all’Aerobica e a Jazzercise, disciplina che ho insegnato per 9 anni.Attualmente mi impegno frequentando la palestra e quindi quel mondo che conoscevo un po’ meno: la sala pesi. Con il tempo ho maturato la voglia di sviluppare sempre di più la forza muscolare e quindi ho lasciato l’attività di istruttrice per dedicare del tempo a me stessa allenandomi con dei movimenti che all’inizio scoraggiano noi donne, come piegamenti, trazioni, squat con bilanciere, alzate, panca piana e altri esercizi di forza che inizialmente non riuscivo a completare, ma che ora mi danno sempre più soddisfazione!

D: Cerco di ritagliarmi abitualmente 40/50 minuti di tempo libero, almeno 5 giorni la settimana, per eseguire un workout composto da esercizi a corpo libero, in alternativa una corsa all’aria aperta o in bici.

Cosa significa per te fare sport?

J: Per me significa ritagliarmi lo spazio durante la giornata per migliorare sì la prestazione fisica ma soprattutto l’umore: spesso iniziare non è facile, la voglia non è sempre al top ma nel 100% dei casi ad allenamento inoltrato e post allenamento trovo una grande soddisfazione nell’essermi rimessa nuovamente in gioco e aver alzato quell’asticella limite dello sforzo fisico che poi permette un miglioramento del benessere mentale e della concentrazione, eliminando anche lo stress! Quando ero istruttrice di fitness cercavo di coinvolgere, motivare e aiutare le mie allieve a raggiungere gli obiettivi, ma in realtà nel contempo erano loro stesse che mi davano la forza per continuare a saltare e non demordere. Quell’esperienza mi ha dato molto e ancora oggi, pur non essendo più attiva come istruttrice, quando inizio un allenamento mi sembra di salire su quella pedana: cerco di dare il massimo e superarmi.

D: Mi piace praticare sport in generale: significa tempo libero per pensare, tempo dedicato a me stesso, allenamento, benessere, equilibrio mentale e fisico.

Lo sport ha influenze positive sulla tua vita professionale? Quali?

J: Quando mi alleno ho la possibilità di staccare completamente la mente dai pensieri della giornata e questo mi permette di rimettermi al lavoro con maggiore freschezza e quindi più efficienza! L’energia che mi dà un allenamento viene mantenuta per ore, oltre il fatto che ci si sente appagati e dunque felici di aver fatto qualcosa per noi stessi. Inoltre, lo sport inteso come lavoro di squadra migliora la capacità di relazionarsi, di mettersi a confronto, di aiutare e lasciarsi aiutare e conseguire un obiettivo comune. Lo sport inteso come lavoro individuale invece accresce sicuramente l’autoaffermazione, la crescita autonoma, il lavoro su sé stessi e la capacità di cavarsela da soli anche nelle situazioni più intricate. E perché no, un po’ di sana competizione nello sport come nel lavoro ha sicuramente l’effetto di puntare sempre a un obiettivo più alto con la crescita costante, senza adagiarsi come risultato.

D:  Credo che lo sport abbia influenze positive nella mia vita professionale. Essendo tempo libero, durante l’attività sportiva ci si può allontanare per un attimo dalle difficoltà quotidiane e si ha il modo di pensare: a come risolvere un problema, alle altre persone per migliorare le relazioni o per organizzare la tua giornata. Questo ti permette di conciliare tutti gli impegni nel miglior modo possibile – lavorativi e familiari. Quindi lo sport a mio avviso ti dà un “vantaggio”. Praticare attività sportiva, inoltre, dona un certo equilibrio psico-fisico e, a mio avviso, ti rende più propenso ad avere un atteggiamento intraprendente.

Ci sono affinità tra il tuo lavoro e il tuo sport?

J: Sicuramente il lavoro per obiettivi: vuol dire porsi periodicamente dei traguardi e organizzare il lavoro (sportivo e professionale) sulla base di risultati da raggiungere nel breve e lungo periodo. Quando accettiamo un obiettivo siamo spinti a sperimentare nuove strategie, a cercare nuove soluzioni che ci permettano di sviluppare nuove competenze e, al contempo, di affinare capacità già presenti… a prescindere dalle difficoltà che incontreremo, dagli sforzi che faremo o dal fatto che non vedremo subito i risultati sperati. Credo che nessun amante dell’allenamento fisico lo faccia soltanto con il gusto di farlo: a volte è molto dura, è complicato, bisogna credere in sé stessi e autoconvincersi di poter alzare quel peso in più o di poter superare quell’ostacolo, anche se magari nella realtà non è così. E ciò succede anche nel lavoro: si hanno le prestazioni migliori quando l’autostima è alta e quando la fiducia in sé stessi mantiene dei buoni livelli, non si può dire che il lavoro sia sempre e solo passione, a volte bisogna sopportare delle sfide dure e cercare di rialzarsi in fretta se si commettono degli errori.

D: Le affinità sono l’intraprendenza e la passione. Essere ingegneri richiede molta intraprendenza. Alle volte i problemi ci sono, ma possiamo essere il motore per risolverli. Nel lavoro, i problemi sono quelli degli altri e per riuscire a risolverli in tempi accettabili, in modo che questi problemi non diventino anche i tuoi, ci vuole l’atteggiamento giusto che sommato alla passione e alla costanza, come nello sport, porta dei buoni risultati.

Hai visto le Olimpiadi e/o Paraolimpiadi? Cosa ti ha colpito?

J: Mi sono emozionata e anche commossa nel vedere delle vittorie inaspettate, ad esempio l’oro dei 100mt o del salto in alto. Resto sempre ammirata dalle prestazioni altrui, mi affascina vedere e conoscere non solo la storia sportiva, ma anche la vita privata degli atleti e di quello che hanno dovuto superare per arrivare dove sono. Nel caso delle paraolimpiadi, ancora di più: sono di certo esempi positivi per la società e per ognuno di noi che, nel piccolo o nel grande, cerca di superare le sfide e le pressioni che il mondo esterno spesso presenta.

D: Mia figlia di 4 anni, che guardava il salto in lungo femminile e si immedesimava nell’atleta pensando di poter saltare più di lei. Per arrivare a risultati come quelli, ci vuole molta determinazione. Gli atleti che partecipano alle olimpiadi sono un grande esempio di vita per tutti.

L’utilizzo frequente di palazzetti e/o palestre ha contribuito a definire meglio gli spazi progettati nell’ambito di strutture destinate allo sport?

J: Frequentare ma soprattutto vivere questi ambienti mi ha sicuramente resa cosciente della spazialità che necessitano questi luoghi, la disposizione e soprattutto l’esposizione corretta degli ambienti. Guardo sempre con attenzione come sono realizzati dal punto di vista architettonico strutturale e  impiantistico. Spesso, soprattutto quando sto facendo addominali o stretching, mi perdo ad osservare gli impianti che corrono a soffitto cercando di capire come sono stati progettati. Lavorando in Incide come progettisti per lo più di edifici grandi e industriali siamo posti di fronte a questi tipi di fabbricati, sia privati che pubblici: palazzetti, piscine, palestre, ambienti di addestramento anche militare e ogni volta cerchiamo di attuare una progettazione attenta al fruitore e anche all’ospite.

D: Non credo che ciò abbia portato un miglioramento essenziale nella valutazione generale del progetto, ma sicuramente può aver contribuito a migliorare qualche dettaglio o a curare in modo più approfondito la progettazione, stimolando anche qualche curiosità.