Intervista a Stefano Piazza

Crescere ogni giorno: la nuova avventura di Incide in Marocco


 

Il Technical Director di Incide Màroc, Stefano Piazza, ripercorre la sua esperienza e i primi passi della società nella nuova sede di Rabat: dalla sua nascita alle sfide e soddisfazioni dei gradi progetti in Marocco, un paese particolare e variegato in cui l’antico coesiste insieme al nuovo.

Ricordi i primi passi verso l’apertura della nuova sede in Marocco? Com’è cominciato tutto?

Certo che ricordo… Erano i primi mesi del 2019. L’onda dei diversi progetti che stavamo realizzando (dal Grand Theatre de Rabat al Gare Rabat Ville, fino all’Airport Mohammed V a Casablanca) e la crescita dei contatti commerciali hanno confluito nella decisione comune di Incide: creare una società a sua immagine, sul campo. Dopo tutte le fasi necessarie, il 1 novembre 2019 è nata Incide Maroc Sàrl. La presenza sul territorio (essenziale per i lavori) era garantita, così come lo speciale vestito ufficiale di BET (Bureau d’Étude) a carattere nazionale. Insieme al supporto della Direzione di Incide, l’istinto mi ha guidato nell’intraprendere questa vere e propria avventura sul territorio: non sbagliava.

Quali sono stati i principali progetti svolti da Incide nel territorio marocchino?

Sicuramente il Grand Théâtre de Rabat, Gare de Rabat Ville e l’Estensione dell’Aeroporto Mohamed V di Casablanca.

 

Come definiresti la tua esperienza in Marocco?

D’impatto, il termine che mi viene da utilizzare è: intensa.

In Marocco, da molti anni in forte crescita, l’antico coesiste realmente con il nuovo, senza tralasciare tutto ciò che vive nel mezzo.

Nell’ambito della progettazione, l’aspetto più particolare è legato all’impostazione generale che segue la scuola francese a partire dalle norme fino ai software e ai BC (Bureau de Controle), uffici di ispezione che controllano e validano i progetti. Notevolmente sentito è l’approccio BIM, in via di sviluppo, mentre già sviluppata è la progettazione 3D con i software dedicati (Revit, Tekla, Rhino, Grasshopper e altri).

Dal punto di vista professionale è un’esperienza importante che, oltre all’entità dei progetti sviluppati, mi permette di confrontarmi quotidianamente con metodi diversi da quelli abituali, e questo offre l’opportunità di crescere, anche dal punto di vista umano e personale.

Ci racconti le loro particolarità e le difficoltà che sono state affrontate?

Nel Grand Théâtre de Rabat, sicuramente le forme architettoniche: più che di architettura, infatti, è meglio parlare di scultura. Zaha Hadid, l’architetta irachena progettista dell’opera al tempo, è conosciuta in tutto il mondo per le sue forme “sinuose”. Tale elemento, di sicuro impatto visivo, ha creato in tutte le fasi molte complicazioni, che però si sono trasformate in grandi soddisfazioni finali.

Nella Gare de Rabat Ville, inizialmente la copertura: trovare l’equilibrio giusto tra l’intento architettonico di realizzare elementi a forma di diamante e l’esigenza di un modello di calcolo resistente alle sollecitazioni esterne (soprattutto al vento). Poi, tra i tanti altri elementi, il montaggio delle strutture, lo spazio per eseguirlo (la Gare è nel centro della città) e il tempo, coordinato con il flusso chiaramente inarrestabile dei treni.

Infine, nell’Estensione dell’Aeroporto Mohamed V, a Casablanca, ci sono stati interventi complessi e totalmente diversi tra loro: la realizzazione di un grande openspace per partenze, arrivi e transiti internazionali, che avesse una maglia di colonne il meno impattante possibile sull’ambiente e la forma della copertura a doppia falda, con falde sfalsate ad andamento curvilineo; inoltre, nelle fondazioni occorreva evitare un importante cunicolo di due metri che attraversava tutta l’area di mezzeria: Il tutto progettato per non interferire con i tragitti dei flussi di transito. Oltre a ciò, il modulo centrale, che si sviluppa su tre edifici diversi, separati ma collegati: sono stati modellati in costante coordinamento dei modelli 3D degli edifici adiacenti.

Anche per questo edificio, ma ancora più impegnativo, è stata notevole la ricerca di maglie strutturali che impattassero il meno possibile i percorsi di flusso, soprattutto dei bagagli.

La particolarità comune agli interventi è stato lo sviluppo dei sistemi MEP, che ha imposto un grande lavoro per trovare il loro corretto posizionamento ed evitare così un indesiderato impatto visivo.

Qual è il progetto che ti ha lasciato una soddisfazione rara?

Sicuramente il Grand Théâtre de Rabat, per il fascino dell’opera finale ma anche perché è stato il primo lavoro seguito “sul campo” in Marocco. È stato un mix di caratteristiche diverse e stimolanti: le novità, la permanenza in un Paese nuovo, le sue tradizioni locali, le culture differenti (italiana, marocchina, inglese, francese, ceca) coinvolte nel progetto durante il suo sviluppo nel luogo, le difficoltà progettuali che non mancavano di metterci alla prova… Una soddisfazione finale che si è diramata in tutte queste direzioni, andando oltre l’aspetto prettamente tecnico.