Cementificare le scorie nucleari: il Complesso CEMEX a Saluggia per SOGIN

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Per SOGIN, la Società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, INCIDE Engineering in RTI ha realizzato il progetto per un impianto adibito alla cementificazione delle scorie nucleari nell’EUREX di Saluggia, a Vercelli.

Si tratta di un progetto di complessità elevata, dovuta alla particolare articolazione impiantistica che, dato il livello di radioattività dei liquidi da trattare, prevede la completa remotizzazione delle operazioni al fine di garantire la massima sicurezza per i lavoratori, la popolazione e l’ambiente.

Nel sito di Saluggia, infatti, risiedono circa 300 metri cubi di scorie liquide radioattive che derivano soprattutto dalle campagne, condotte negli anni Settanta e Ottanta, di riprocessamento degli elementi di combustibile irraggiati.

Per solidificare i rifiuti liquidi sarà quindi realizzato il complesso CEMEX (CEMentazione EurEX), all’interno del quale i rifiuti saranno cementati e condizionati.

Il complesso sarà realizzato in un’area adiacente al Nuovo Parco Serbatoi, da cui partiranno le tubazioni di trasferimento dei liquidi radioattivi all’impianto di cementazione.

Lo stoccaggio dei manufatti condizionati avverrà nell’annesso deposito temporaneo, il D3. 

Obiettivi del progetto di cementificazione dei rifiuti nucleari

L’impianto ha lo scopo di solidificare i rifiuti liquidi radioattivi attualmente stoccati nell’edificio denominato NPS (Nuovo Parco Serbatoi) adiacente all’edificio CEMEX.

Tramite tubazioni di trasferimento, il liquido radioattivo arriva al CEMEX, dove si realizza l’operazione di cementazione del liquido all’interno di fusti stagni; infine, i fusti sono stoccati all’interno del deposito D3.

La bonifica è necessaria sia per evitare il rischio di irraggiamento del rifiuto nucleare, che per evitare il rischio di contaminazione idro-geologica data la vicinanza del sito nucleare con la Dora Baltea all’interno del parco regionale. 

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Gli edifici dell’impianto: le scelte costruttive

Gli edifici sono denominati “Edificio di Processo” ed “Edificio di Deposito”. 

Il primo è costituito da tre piani fuori terra, e contiene tutti i sistemi per il trattamento del rifiuto, dalla neutralizzazione al contenimento nei fusti stagni e la cementificazione, prima dello stoccaggio nell’edificio di deposito D3.

Entrambi gli edifici sono caratterizzati dalla presenza di getti massivi di spessori da un minimo di 40 cm ad un massimo di 120 cm per le pareti, e fino a 140 cm per taluni solai, in corrispondenza alle zone dell’edificio a più alto rischio di irraggiamento radioattivo dove è necessaria la schermatura al radionuclide offerta, essenzialmente, dallo spessore del calcestruzzo.

Le scelte costruttive per le componenti dell’edificio intese come solai e pareti sono state dettate da esigenze legate alla costruzione (commissioning), all’installazione di talune apparecchiature meccaniche obbligatoriamente posate durante la fase di costruzione, ma anche al piano di smantellamento dell’intero edificio (decommissioning). 

In particolare, talune pareti sono interessate da varchi per permettere l’ingresso di serbatoi o simili durante il periodo di costruzione, che poi saranno chiusi alla fine della costruzione. A tal proposito nelle zone di varco il ripristino della parete e in particolar modo dell’armatura della parete è avvenuto tramite l’impiego di manicotti filettati in quanto la usuale giunzione per sovrapposizione delle barre sarebbe stata tecnicamente infattibile. 

Pertanto, oltre ai classici getti in opera di solette e muri di comune spessore, per facilitare lo smontaggio di taluni solai, sono state previste travi prefabbricate prismatiche finalizzate con cappa superiore. La maggior parte dei solai è realizzata tramite solai autoportanti in lastre predalles, oppure per solai di luce elevata come la copertura del deposito sono state realizzate lastre predalles miste ovvero profili laminati annegati all’interno, opportunamente forati in anima per il passaggio delle armature.

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Ogni tipologia strutturale è stata pensata nell’ottica di garantire la tenuta alla radiazione con idonei accorgimenti: ad esempio con l’inserimento di elementi in piombo tra le travi prefabbricate prima del getto della cappa per bloccare il passaggio del radionuclide nella fessura tra due elementi prefabbricati contigui, oppure realizzando dentature multiple nel foro per le botole di passaggio tra solai. 

Le strutture civili sono state calcolate nei riguardi di carichi e sovraccarichi standard previsti da NTC, ma anche nei confronti di particolari requisiti previsti per le strutture in ambito nucleare, come per esempio il sisma con tempi di ritorno estremamente elevati garantendo il soddisfacimento dei più severi limiti di durabilità e integrità strutturale in qualsiasi situazione di carico. 

Particolare attenzione è stata posta alle verifiche strutturali verso i cosiddetti eventi esterni speciali, ovvero il requisito di resistenza delle strutture agli urti dei missili in caso di tornado, oppure nei confronti delle azioni prodotte da un impatto aereo convenzionale. Sono state verificate nei confronti di quest’ultima azione le aree più sensibili dell’installazione, ovvero l’area bunkerizzata dell’edificio di processo dove è presente il liquido radioattivo prima di essere trattato, il locale dell’evaporatore, e tutto l’edificio di deposito, caratterizzato da pareti dell’altezza di circa 12metri di altezza e da una copertura da 15m di luce. 

Lo studio è passato per l’analisi plastica delle sezioni di calcestruzzo, ricorrendo ad abachi di correlazione dell’energia di impatto in funzione alle caratteristiche dinamiche degli elementi strutturali. Il soddisfacimento del requisito è stato ottenuto grazie all’impiego di armatura longitudinale di diametro non convenzionale e staffatura distribuita sia sulle pareti che sulle solette.

Particolare accorgimenti sono stati considerati anche in fase di realizzazione delle opere civili, come i muri dotati di profilo metallico per l’appoggio delle lastre predalles, lo sfalsamento delle riprese di getto sullo spessore con l’impiego di pernervometal per evitare il passaggio del radionuclide attraverso la discontinuità creata nella ripresa del getto, oppure l’uso di tiranti annegati nel calcestruzzo con coni di ancoraggio al posto dei classici distanziali con barre passanti e chiavarde per il sostegno dei casseri di parete. 

Al fine di aumentare la durabilità e la resistenza nei confronti della corrosione, solo per le 

armature dello strato esterno appartenenti ai muri sono state impiegate barre zincate a caldo al posto delle usuali barre da calcestruzzo.

Al fine di preservare l’ambiente da qualsiasi tipo di contaminazione, è stato deciso di separare tutti i getti della parte interrata dal terreno tramite un manto di scorrimento in feltro, due solette con interposta una guaina bentonitica che prosegue sulle pareti fino ad un metro fuori terra, e inoltre in caso di allagamenti esterni per esondazioni del fiume sono state previste paratie stagne da installare all’interno dell’edificio su tutte le porte perimetrali. 

 

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